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» » » » » In cosa consiste l'accordo Italia-Svizzera e quali incognite ci sono

Filippo Mastroianni mercoledì 6 febbraio 2013 0


Il Governo italiano sta cercando da mesi un accordo per tassare i capitali depositati nelle banche elvetiche. Gli accordi nascondono però delle incognite


Italia e Svizzera stanno discutendo degli accordi fiscali tra i due paesi.

Sono mesi e mesi ormai che si parla di accordi fiscali con la Svizzera. Negli ultimi giorni, però, dopo le parole di Berlusconi, la questione è arrivata con più frequenza all'opinione pubblica, anche a quella parte di elettorato del tutto ignara dell'esistenza di questa trattativa. Vediamo in cosa consistono questi possibili accordi.

Per prima cosa facciamo il punto sui depositi bancari in Svizzera e cosa spinge molti italiani a trasferire capitali nelle banche elvetiche. In Svizzera i depositi bancari godono di una fiscalità molto conveniente. L'altro vantaggio non indifferente è il segreto bancario garantito, ovvero la particolare tutela che le banche svizzere riservano ai propri clienti, tenendo per se ogni dato che li riguarda direttamente. Questi sono i motivi per cui la Svizzera negli anni (a partire dal 1934, anno in cui è stato appunto introdotto il segreto bancario) ha attirato numerosi capitali, nell'ordine di miliardi, diventando la terza piazza finanziaria del mondo. Secondo le stime una percentuale intorno al 90% di questi capitali arrivano in Svizzera illegalmente, cioè aggirando le leggi sulle esportazioni dei capitali.

Il Governo italiano sta da mesi cercando un accordo per tassare i capitali esportati illegalmente. Un accordo che è già stato ratificato dalla Svizzera con altre nazioni, come Gran Bretagna e Austria. La Germania ha invece bocciato una simile intesa, non convinta dei reali obbiettivi che la Svizzera si è posta di raggiungere attraverso questi accordi bilaterali, e del fatto che il segreto bancario rimarrebbe garantito, continuando a favorire l'evasione fiscale. In  pratica tali accordi sono dei condoni, con i quali, attraverso il pagamento di una certa cifra, si possono risolvere le pendenze col fisco del paese di appartenenza.

le intese raggiunte con i vari paesi sono tutte più o meno simili. I capitali esportati illegalmente saranno tassati subito in una pecentuale tra il 20% e il 40%. Una volta entrato in vigore l'accordo interessi e dividendi verranno tassati secondo un'altra aliquota. A pagare sarà direttamente lo stato Svizzero, che preleverà poi i soldi dalle banche che, in cambio, otterranno il diritto di tutelare l'anonimato dei propri clienti. Gli stati di appartenenza per contro si impegneranno, firmando l'accordo, a non perseguirli in tribunale. 

Vediamo quali sono le condizioni, i problemi e i dubbi su questi accordi per il nostro paese e perchè non può essere la base per coprire una tassa importante come l'IMU. Il primo dubbio riguarda le stime che sono state fatte sulle entrate che l'accordo dovrebbe portare. Le stime più ottimistiche sulle quantità di capitali in Svizzera si aggirano intorno ai 100/150 miliardi di capitali che sarebbero depositati nelle banche elvetiche. Quanto otterrà l'Italia da questi capitali dipende da vari fattori. In primo luogo dal tipo di accordo che si riuscirà ad ottenere. Nel caso più positivo, con un'aliquota del 25% sul capitale e un imposta al 25% sugli interessi prodotti dal capitale, lo Stato italiano conta di recuperare 37 miliardi. Stime più prudenti parlano di un 10/15 miliardi di guadagno iniziale. Questo per vari motivi. I dubbi sulla copertura pensata da berlusconi sono quindi presto detti. Elenchiamoli.

Primo: l'accordo fin'ora non è stato raggiunto per le richieste di trasparenza fatte dal Governo Monti. In Italia si sta infatti cercando di far emergere le transazioni nascoste, atto necessario per rendere sostenibile il debito. Concludere con la Svizzera un'intesa che continui a garantire l'anonimato spingerebbe nuovi capitali a trasferirsi, incentivando l'evasione fiscale. Lotta all'evasione fiscale che è uno dei punti principali che qualsiasi Governo si formerà ha il dovere di perseguire. Raggiungere un accordo con questo tipo di clausola sarebbe quindi fondamentale. Ma proprio per questo punto un'intesa Italia-Svizzera è tutt'altro che vicina. Pensare che queste entrate siano già garantite e preparare un piano di coperture per l'IMU totalmente incentrato su tali capitali, in questo momento, non è saggio.

Secondo: veniamo alle cifre. La Svizzera ha già fatto intendere che l'Italia non può richiedere aliquote in linea con quelle degli altri paesi, ovvero tra il 20% e il 40%. Questo a causa dei numerosi condoni degli scorsi anni che hanno già riportato alcuni capitali dalla Svizzera. L'aliquota che spetterà all'Italia sarà quindi, probabilmente, inferiore, con rientri inferiori.

Terzo: I capitali che si trovano nelle banche svizzere sono capitali mobili, come ho già spiegato in un precedente articolo che potete trovare qui. Nulla può quindi garantirci che questi capitali saranno ancora lì una volta ratificato l'accordo e ci resteranno per gli anni a seguire. Anzi le probabilità che una buona parte di questi capitali si sposti sono decisamente alte. Le stesse banche svizzere potrebbero suggerire ai clienti si spostarli nelle filiali di Singapore o altri paesi. Se anche solo un terzo di questi capitali avesse preso il volo per altri paradisi fiscali i conti non tornerebbero più. A quel punto, una volta tolta l'IMU, la parte restante sarebbe quindi pagata direttamente dai contribuenti, magari in un modo mimetizzato con l'aumento dei costi dei servizi.

Garantire la copertura dell'IMU con questo accordo è insomma una mossa che azzardata è dir poco. Un'intesa che non solo è tutt'altro che vicina dall'essere ratificata, ma la cui entità delle entrate è di difficile previsione. Il gettito dell'IMU, inoltre, nel 2012 è stato di 24 miliardi. In ogni caso è difficile pensare che gli introiti che dovrebbero arrivare dalla Svizzera bastino a coprire una somma del genere. Potremmo quindi ritrovarci con un buco di bilancio che andrebbe poi ripianato. Scaricando il problema, magari, sul Governo successivo. Berlusconi, ieri a Ballarò, ha dimostrato, rispondendo alle domande di Floris, di non avere un piano preciso per recuperare la somma che promette di restituire. L'IMU è sicuramente una tassa impopolare e ingiusta, ma vorremmo vedere una pianificazione precisa per la sua eliminazione. Un elenco preciso di ogni provvedimento e ogni singola cifra che Berlusconi conta di recuperare. Un piano che non deve basarsi sull'accordo Italia-Svizzera, su cui, come spiegato, ci sono troppi interrogativi. Tra l'altro basando la copertura di una tassa annuale come l'IMU con degli introiti una tantum e i cui interessi dei prossimi anni andrebbero avanti massimo fino al 2018. Una promessa irrealizzabile che, a queste condizioni, ha solo fini elettorali. 

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