Sono tanti gli artisti che hanno voluto distinguersi anche alla propria scomparsa. L'epitaffio diventa così non solo un ricordo, ma anche una vera forma d'arte
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| La tomba di John Keats, sepolto al cimitero acattolico di Roma. |
Ci sono personaggi e personalità che nessuno dimenticherà
mai. Alcuni, come si suol dire, vivranno per l’eternità nei ricordi della
gente, sui libri di storia, attraverso le loro opere o ciò che hanno lasciato
in terra. Come disse un certo Gladiatore, interpretato da Russell Crowe, “quello
che facciamo in vita riecheggia per l’eternità”. E se non bastasse meglio
lasciare qualche altra traccia di noi e di quello che siamo stati. Una frase,
un ricordo, una battuta, scolpita sulla pietra, lì dove le generazioni future
verranno a cercarci e, si spera, rimpiangerci. Molti personaggi, più o meno
famosi, hanno lasciato un ultimo segno originale di se, le ultime parole, l’epitaffio.
Parliamo di personalità storiche come Alessandro Magno,
grande condottiero, Re di Macedonia, un uomo che tentò per tutta la vita di
creare un impero che si estendesse su ogni regione allora conosciuta. La sua
epigrafe tombale rappresenta bene questo sentimento recitando: “Un sepolcro ora basta
per colui al quale il mondo non era abbastanza grande”. Parliamo di un grande artista come Raffaello Sanzio, morto
nel 1520, il cui sepolcro potete visitare all’interno del Pantheon di Roma. L’epitaffio
in questo caso fu scritto da Pietro Bembo, Cardinale, scrittore e umanista dell’epoca:
“Qui giace Raffaello: da lui la natura
temette di esser vinta, ora che egli è morto teme di morire”. Un altro personaggio storico, il pastore protestante e
attivista statunitense Martin Luther King, ricorda il razzismo e le catene che
tenevano legati a quei tempi gli uomini di pelle nera: “Sono libero, finalmente libero. Grazie a Dio sono finalmente libero.”
Numerosi sono gli scrittori e letterati che hanno usato
questa forma originale di ultimo saluto. La lapide di Emily Dickinson, ad esempio, riporta un breve
ma efficace “Called Back”, “Richiamata”, quella di un altro
statunitense, il poeta Robert Frost, un più elaborato “Ebbi una lite d’innamorato
col mondo”, tratto dall’ultimo verso della sua poesia The lesson for today. Dorothy Parker, anche lei americana, chiede invece perdono ai visitatori dichiarando “scusate
la polvere”. L’epitaffio di Charles Bukowski, morto più recentemente, nel
1994, sintetizza invece lo stato d’animo malinconico e disilluso che lo
accompagnò in vita, con un laconico “Don’t
try”, “Non provare”. A Roma, nel
cimitero acattolico, è possibile visitare la tomba di John Keats, poeta inglese
celebrato anche dal film L’attimo
fuggente, e leggere “qui giace uno il
cui nome fu scritto nell’acqua”. Sempre nel nostro paese, ma spostandoci a
Torino, troviamo il luogo di sepoltura di Primo Levi che riporta il numero “174517”, numero identificativo che
portava tatuato sul braccio durante gli anni di prigionia ad Auschwitz. Volando
e attraversando l’Europa fino in Gran Bretagna ci sarà possibile visitare
il sepolcro di William Shakespeare, che riporta un epitaffio più studiato dei
precedenti: “Good frend, for Jesus sake
forbeare, to digg the dust enclosed heare. Blest be ye man yt spares thes
stones, and curst be he yt moves my bones.”, tradotto “Caro amico per amor di Gesù, rinuncia a scavare la polvere che qui è
racchiusa. Benedetto colui che risparmia queste pietre e maledetto chi muoverà
le mie ossa”.
Altri artisti dall’epitaffio originale sono Marcel Duchamp
(pittore e scultore francese) con un ironico “D’altronde sono gli altri che
muoiono”, il cantante Frank Sinatra con “the
best is yet to come” o la lapide del nostro Fabrizio De Andrè, che riporta
la celebre frase di Via del campo “Dai
diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.
Tra gli uomini di scienza troviamo alcune tra le più
singolari epigrafi. Benjamin Franklin, che fu scienzato e politico, riassume le
sue gesta in vita lasciando inciso “Strappò
il fulmine al cielo e lo scettro ai tiranni”. Ma sono i sepolcri di Ludwing Boltzmann e di Werner Heisenberg
i più particolari. Il primo riporta la sua formula per l’entropia nella sua
forma moderna “S = k log W”, il secondo scrive invece “Giace qui da qualche
parte” in riferimento al suo celebre principio di indeterminazione, secondo il
quale non è possibile indicare simultaneamente posizione e quantità di moto di
un corpo.
Il premio simpatia va però a due conterranei. Il conduttore
televisivo Gianfranco Funari, che finalmente, dopo tutta una vita può dire “Ho
smesso di fumare”, e il grande attore italiano Aldo Fabrizi, “Tolto da questo mondo troppo al dente”.
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