Il mondo continua ad essere teatro di guerre, su diversi palcoscenici. Dall'Ucraina, all'Africa, gli scontri sono numerosi, con la minaccia terrorismo in Siria e Libia
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I carri armati percorrono le strade di Donetsk. Lo scontro tra Russia e Ucraina non è l'unico che il mondo sta affrontando.
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Mentre corre il centenario dello
scoppio della Prima Guerra Mondiale, l’Europa rivive lo spettro della guerra in
Ucraina, diventata teatro di sanguinosi scontri tra il nuovo governo di Kiev e
i secessionisti filo-russi. Il Mondo, però, non sta affrontando solo questo
conflitto. Senza entrare nel dettaglio, ecco un quadro dei principali
scontri, partendo da una semplice infografica che ci mostra le aree che tratteremo:
UCRAINA – I
recenti sviluppi politici interni hanno portato alla destituzione del presidente Viktor Yanukovich, con la liberazione,
dopo tre anni di carcere, di Yulia Timoshenko e la presa di potere del nuovo
Primo Ministro Arsenij Jaceniuk. Quest’ultimo è alla guida di un Gabinetto
marcatamente filo-europeo e ucrainofono, che guarda agli interessi della parte
occidentale del paese, come hanno dimostrato alcuni dei primi provvedimenti del
nuovo Governo.
Il
Presidente Turchinov ha, infatti, approvato una legge che elimina il bilinguismo, cancella cioè la lingua russa come lingua ufficiale del paese, accanto all’ucraino, oltre a palesare l’intenzione di rivedere alcune autonomie
locali, come era quella della Repubblica Autonoma di Crimea. Se quest’ultima
regione ha potuto evitare uno scontro militare grazie alla celerità del
processo di ammissione a Mosca, i
territori orientali hanno visto l’esplosione del secessionismo russofono,
in particolar modo nella zona di Donetsk, con la creazione di milizie para-militari
che hanno l’obiettivo di unirsi alla Federazione Russa. Ad accomunare queste regioni alla Russia non è solo un fatto linguistico e culturale, ma anche la condanna
alla deposizione di Yanukovich, democraticamente eletto nel 2010 col 48,95% dei
voti, e il rifiuto degli orientamenti politici emersi con Euromaidan, la serie
di disordini che si sono susseguiti alla decisione dell’allora Presidente
Yanukovich di sospendere gli accordi di associazione Ucraina-UE.
E mentre Yanukovich fu accusato dalla comunità
internazionale di aver aperto il fuoco contro i manifestanti che poi attueranno
quello che è, a tutti gli effetti, un colpo di Stato, il nuovo governo di Kiev
ha intrapreso la lotta contro i secessionisti filorussi senza ripercussioni, in
un clima da piena Guerra Fredda, acuitosi col caso dell’areo di linea Malaysia
Airlines abbattuto (con tutta probabilità dai filorussi), che vede schierate
direttamente le due rivali di sempre: Usa e Russia.
GAZA – La
questione mediorientale e il conflitto Israelo-palestinese è certamente un
argomento difficile da trattare in poche righe, nella complessità dell’analisi
storiche e delle ragioni dell’una e dell’altra parte. Limitiamoci perciò agli
ultimi avvenimenti. Da ventiquattro giorni l’esercito israeliano è impegnato in
una serie di operazioni militari nella striscia di Gaza, controllata dal gruppo
politico e militare Hamas. Le notizie che arrivano sono molto frammentarie,
sia per volere di Israele, che rivela solo informazioni che ritiene necessarie
e permette raramente ai giornalisti di entrare nelle zone di guerra, sia per
volere di Hamas, che ha da sempre un atteggiamento di chiusura nei confronti
della stampa.

L’8 luglio
sono cominciati gli attacchi via aria, con l’IDF (Forze di Difesa
Israeliane) che sostiene di aver colpito quattromila bersagli con i suoi F-16.
Secondo alcuni critici l’IDF prenderebbe di mira anche abitazioni civili, con
lo scopo di allontanare l’opinione pubblica da Hamas. Così sono avvenute le
carneficine alle scuole Onu, con l’attacco dell’Alto Commissario Onu per i
diritti umani, Navy Pillay, che ha affermato che “Nessuno di questi attacchi
è sembrato casuale, ma un atto di deliberata violazione del diritto
internazionale”. A parole
si sono mossi anche gli Usa, ma difficilmente vedremo una presa di posizione di
forte e impegnativa, come accaduto più volte nel caso di altre nazioni. Il 17 luglio è iniziata anche l’offensiva
via terra, un’operazione non ancora conclusa con un numero imprecisato di
uomini impegnati. Negli ultimi giorni l’Israel Defense Force ha mobilitato i
16mila riservisti supplementari, che dovrebbero portare ad un totale di 86mila
riservisti impegnati. Secondo il Governo israeliano l’obbiettivo dell’azione
sono i numerosi tunnel che Hamas ha scavato nella striscia, che passano sotto
il confine per raggiungere Israele e anche alcune zone dell’Egitto, dove i
terroristi possono rifornirsi. Per ora sembra che l’esercito israeliano si sia
limitato ad occupare la cosidetta buffer zone, senza entrare in profondità nel
territorio della striscia di Gaza.
Due operazioni parallele insomma:
una via aerea, che sta bombardando tutta la striscia, colpendo anche edifici
civili (secondo alcuni volontariamente), una via terra, con delle battaglie nel
quartiere di Shejaiya e altri punti della buffer zone. Un conflitto che sembra
lontano dalla conclusione e che rischia di decimare letteralmente la
popolazione palestinese.
SIRIA – Non c’è solo il conflitto tra Israele e Palestina a lacerare il Medio
Oriente. Dal 2011 in Siria si combatte
una spaventosa guerra civile tra i dissidenti e il regime dittatoriale del
Presidente Bashar Al-Assad. Una delle prime manifestazioni del dissenso di
massa avvenne il 15 marzo 2011, quando migliaia di persone scesero in piazza ad
Aleppo e Damasco. Nei giorni successivi non si fece attendere la risposta delle
forze di Assad, con arresti, sparizioni e torture, mentre il conflitto inizia
ad allargarsi ad altre zone della Siria. In tre anni di guerra il bilancio
delle vittime si aggira intorno alle 150mila. Nello scontro si è poi inserito
il movimento dell’Isis, lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria, formato da
gruppi di jihadisti.
Le repressioni del Governo sono diventate sempre
più violente ma i dissidenti non si sono fermati e, ad oggi, nessuna delle due fazioni sembra
vicina alla vittoria, nonostante il regime abbia ottenuto vantaggi dagli aiuti
provenienti dell’Iran e da Hezbollah, che dal Libano invia truppe e
rifornimenti. Anche gli sforzi della comunità internazionale per fermare o
mitigare il conflitto sono stati vani, come le intenzioni di distruggere
l’arsenale di armi chimiche del regime Assad. La guerra diventa sempre più
violenta.
LIBIA – Anche la Libia sta sprofondando nella guerra civile, nonostante la
poca attenzione mediatica, concentrata con un occhio sull’Ucraina e uno su
Gaza. Il dopo Gheddafi ha visto le
elezioni parlamentari del 25 giugno, che hanno portato a una situazione di
forte instabilità politica, con l’emersa difficoltà di individuare una
solida maggioranza di governo. La guerra, sicuramente frutto anche del vuoto
istituzionale, non sta tutta qui. In
gioco c’è il controllo politico ma anche quello economico del paese, che si
gioca su Tripoli e la Cirenaica, ricca di petrolio. Nelle ultime settimane le
milizie di Misurata hanno attaccato quelle di Zintan, nel tentativo di
strappare proprio il controllo del porto di Tripoli. La partita vede nella
contesa le forze laiche contro quelle tribal-religiose, con le forze di
Misurata, alleate dei filo-islamici, che hanno forzato la mano contro Zintan, più vicina ai liberali e al debole governo di Al Thani,. Da maggio si
riscontrano combattimenti anche nella zona di Bengasi, con il generale
dissidente Khalifa Haftar che ha lanciato un’offensiva contro le forze
islamiste che fanno da padrone in Cirenaica, come Ansar Al Sharia. Bengasi e
Tripoli sono ormai città in mano alle milizie e l’Onu come i funzionari di
molti paesi sono tornati in patria. L’ambasciata italiana è ancora aperta ma si
sconsigliano viaggi in Libia.
AFRICA – Il continente africano è teatro di un numero crescente di scontri,
poco trattati dai media occidentali. Da
anni continuano le guerre civili in Kenya e in Somalia, dove si muovono
gruppi terroristici legati ad Al Queda e la milizia islamica radicale di Al
Shebab. Guerre civili infiammano da
anni anche in Congo, Sudafrica, nel sud del Sudan, oltre che in Nigeria, in
cui continua una guerra decennale violentissima, con entrambe le parti a violare apertamente il diritto umanitario internazionale. Negli ultimi mesi il
Presidente nigeriano Goodluck Jonathan, ha dichiarato guerra al gruppo armato
islamista Boko Haram, mentre quest’ultimo ha ripreso incursioni armate contro villaggi
e città.
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