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» » Cronaca atipica di un viaggiatore su binari lungo il tragitto Milano-Roma

Filippo Mastroianni mercoledì 23 gennaio 2013 0


Lasciare Milano è sempre strano. Ogni volta che vedo quel cartello blu con la scritta “Milano Centrale” mi sembra sempre di lasciare casa. Sono affezionato a quelle volte d’acciaio ormai, le ho viste allontanarsi e avvicinarsi in molte occasioni. Non importa di quel grigio tutt’attorno, il grigio del cemento e del cielo della metropoli. Nemmeno della lieve nebbiolina che circonda le campagne circostanti. Nebbia che oggi diventa sempre più fitta man mano che ci si allontana dalla città a dir la verità. Non che mi manchi Milano una volta partito, è proprio il partire il fatto. Sarà perché sono sempre stato abituato ad andare e tornare sotto quelle volte, dentro i vagoni di un treno.

Ho viaggiato molto sui treni. Fin da bambino. Il frecciarossa di oggi non è certo romantico come alcuni vecchi e sporchi mezzi che ho provato. Ma ci si fa l’abitudine e mi permette anche di passare il tempo scrivendo. Certo ho ricordi di viaggi steso in terra nei vagoni, di ritardi infiniti, di carrozze ghiacciate, addirittura di un deragliamento. Ventiquattrore intere di viaggio quella volta. Deragliammo nella notte, saranno state le due, forse le tre. Un brusco movimento che ti sveglia e poi ore a capire che diavolo fosse successo. Bè eravamo deragliati. Ci trovavamo nelle marche, nella zona di Loreto, e il treno era uscito di pista proprio sotto al famoso santuario. Mia zia, fervente credente, cattolica convinta, ringraziò la Madonna di averci salvato. Mio cugino, più laico e pratico, si rese conto che non saremmo arrivati a casa tanto presto e alla Madonna diede della donna di malaffare. Questione di punti di vista.

La cosa veramente interessante dei viaggi in treno, oltre ai paesaggi che scorrono dal finestrino, sono i personaggi che puoi incontrare. I viaggi che ho preferito, del resto, sono quelli che ho fatto in solitudine, quelli che quasi ti costringono ad attaccar bottone se non vuoi passare ore e ore (e i miei viaggi erano spesso lunghi  più di dieci ore) senza dire una parola. Anche solo per far prendere aria alla bocca. C’è la gente più strana al mondo e viaggiando te ne accorgi. Gli eurostar non sono poi così interessanti. I business-men monopolizzano le carrozze. Gente ben vestita, gessata. Proprio ora mi è passato accanto uno con un vestito grigio a grossi quadri bianchi. Ma quando si vestono si osservano o si concentrano solo sul prezzo e sulla marca? Ok, puoi incontrare qualche celebrità. Ma sinceramente, tutta gente che se non avessi incontrato non mi sarebbe cambiato nulla. Vediamo, ho visto la D’Urso, Enzo Maresca, Valerio Staffelli, Giuliano Amato, Matteo Renzi. Alcuni non ti calcolano, altri invece si alzano spesso, camminano baldanzosi sperando di incrociare il tuo sguardo e sentirti dire “Ma tu sei Matteo Renzi?”. Insomma non c’è gente interessante sugli eurostar. La gente interessante la trovi in seconda classe. Trovi veramente di tutto, persone non inquadrate da una casta, da un modo di fare che lo status di lavoratore ad alto livello t’impone. È questa la gente davvero interessante. Non potrai tornare a casa a dire “ho visto quel tizio/a della tv” ma di gente matta, strana, che ti ricorderai ne troverai molta di più.

Intanto passano i carrelli, mi portano qualcosa da bere, uno stuzzichino da mangiare, un giornale da leggere, devo quasi darmi un tono a vedere quelli attorno. Maledetta prima classe. Scelgo Repubblica và, mi fa sentire un pizzico più “proletario”. Oddio, neanche troppo in realtà. Ma almeno è un giornale ben redatto e interessante. E mentre molti prenotano il vagone ristorante apro il mio zaino e tirò fuori un panino fatto a casa. Questo si che è “proletario”!  
Soddisfatto mi farò una dormita, tanto qui è tutto tranquillo, ora che tornano dal ristorante…
PS: Il cielo di Firenze oggi è grigio come quello di Milano. Per fortuna i paesaggi sono molto più verdi.

Il bello dello scrivere è che non saprete mai quanto tempo è passato tra un capoverso e l’altro. Tre ore di viaggio tutte sunte in queste righe. Un viaggio quasi concluso, così come queste deliranti parole. Il treno si avvicina a Roma, città eterna. Non avrò il tempo di visitarti neanche un po’ stasera. Sarà per un’altra volta Roma.

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