Pierluigi Bersani sarà il candidato Premier del centrosinistra. Ha battuto al ballottaggio Matteo Renzi, trionfando con un largo margine sull'avversario.
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| Pierluigi Bersani stringe la mano a Matteo Renzi. |
Oggi il centrosinistra ha ufficialmente il suo candidato Premier. Colui che correrà la maratona verso la poltrona più importante, quella di Palazzo Chigi, contro uno sfidante che ancora aspettiamo di conoscere.
Pierluigi Bersani però la sua prima sfida l'ha vinta ieri, in un ballottaggio che poteva risultare insidioso e che invece lo ha visto trionfare con largo margine sull'avversario, 61% e spiccioli per il segretario PD, 38% per Matteo Renzi.
Guiderà lui la coalizione, come da vecchio statuto, che prevedeva candidato Premier del Partito Democratico il suo segretario in carica. Guiderà lui perchè, per ammissione dello stesso sfidante, nessun'altra eventuale modifica al regolamento avrebbe potuto cambiare l'esito di queste primarie.
Niente da dire, Bersani ha stravinto.
I toni dei duellanti, all'indomani dei risultati, sono pieni di entusiasmo e buone intenzioni.
"E' stata una splendida pagina di democrazia, una bellissima avventura. La prossima avventura è il governo, il governo del cambiamento", le prime parole di Bersani da candidato Premier del centrosinistra, "...un cambiamento di contenuti e di programmi, ma anche di una nuova generazione in campo".
Renzi da parte sua ha pronunciato parole incoraggianti volte a rassicurare il suo segretario e tutto il PD: "Noi daremo una mano, per quanto mi riguarda darò una mano da militante e da sindaco di Firenze. Faccio i complimenti a Bersani, ha vinto lui, nettamente, nessuna discussione sul risultato".
Bersani, in un altro passaggio, si rivolge direttamente al suo giovane ormai ex sfidante, sottolineando come Matteo Renzi "ci ha messo energie, ci ha messo freschezza, sarà una risorsa come tutti in questo grande squadrone".
Ripercorriamo brevemente queste primarie e analizziamo quello che il Partito Democratico e il suo leader dovranno fare nei prossimi mesi.
Che primarie sono state?
Toste. C'è stata vera sfida, forse come mai prima. Non sempre perfette nei toni, ruvide, ma con rispetto degli avversari da parte di tutti i candidati.
Probabilmente si poteva e si doveva fare a meno di questo fastidioso teatrino alimentato nell'ultima settimana, con un continuo attacco ai regolamenti e alcune frasi francamente fuori luogo. Ma il dibattito è stato vero e questo non potrà che far bene al partito, specialmente se Renzi si metterà a disposizione come sembra voler fare.
Che leader esce da queste primarie?
Bersani è oggi un leader pienamente legittimato dal voto dei suoi elettori, oltre ad aver già dimostrato di poter essere una guida forte all'interno del partito. Il segretario è riuscito in questi anni a riunire le diverse correnti in un'unica voce, ancora stonata ma che sembra pian piano delineare un'idea, una linea, che il Partito Democratico ha spesso fatto fatica a trovare e seguire.
Un uomo semplice, pochi fronzoli, poco show, tutta sostanza. E chi se ne importa se non possiede la capacità oratoria dell'ex Premier Berlusconi o dello stesso giovane sfidante Renzi. Bersani è così, prendere o lasciare. Gli elettori di centrosinistra hanno deciso di prendere.
Che partito esce da queste primarie?
Un Partito Democratico "vecchio" nel leader, ma sicuramente nuovo nell'apparato che lo affiancherà oltre che nei contenuti.
A Renzi va dato atto di averci provato, di aver portato entusiasmo in una parte di elettorato che si era messa un pò in disparte e, soprattutto, di aver portato un rinnovamento che comunque avverrà nonostante la sconfitta personale.
Il PD si scopre un partito veramente pluralista e aperto, attraversato da un dialogo autentico e costruttivo.
Un partito dilaniato negli anni scorsi da quell'unione ancora incompiuta di ex Margherita ed ex Ds, poi dalle lotte interne tra Veltroniani e Dalemiani, che ne hanno minato le fondamenta rischiando di distruggere un progetto ambizioso.
Quello di riuscire a fondere in un unica entità le culture del cattolicesimo ex democristiano e del socialismo ex comunista. Un progetto ancora incompiuto, ancora costretto, forse, ad unire nella stessa coalizione partiti come Sel e Udc, progressisti e moderati.
Una parte del cammino però, oggi possiamo dire, è stata fatta.
Cosa succede ora?
Ora per Bersani inizia la vera sfida, quella più difficile. Rendere solido il PD coinvolgendo i renziani e facendoli riconvergere sotto il tetto di casa. Creare una coalizione capace di governare senza spaccarsi sui grandi temi. Vincere le elezioni, possibilimente con la maggioranza più ampia raggiungibile. Perchè a sinistra tutti hanno ricordi pieni di rimpianti per le passate, sfortunate esperienze di governo, troppo pesantemente influenzate dalla risicata maggioranza e bruscamente interrotte.
Bisognerà capire con che legge elettorale si andrà a votare. Ma a sinistra sanno di avere un'occasione storica da non lasciarsi sfuggire, considerando il vuoto attuale di contenuti e figure carismatiche capaci di convogliare il consenso, di una destra mai stata così divisa e fragile. Un vuoto di leadership evidente dopo il ventennio berlusconiano, che, con ogni probabilità, nemmeno l'ennesima discesa in campo dello stesso Cavaliere potrà colmare.
Il momento per un partito giovane come il PD di diventare un grande partito è arrivato.
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