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» » » » » » » » Medio Oriente: tra guerre e petrolio [INFOGRAFICA]

Filippo Mastroianni domenica 13 marzo 2016 0


L'Era del petrolio non si è ancora conclusa, così come l'importanza del Medio Oriente nello scacchiere geopolitico. Anche dal punto di vista energetico. 


Più della metà delle riserve mondiali di idrocarburi si trovano in Medio Oriente
Cronologicamente possiamo parlare di Era del petrolio dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Anche se, dal 1986, quest’epoca ha subito una cesura. Da questo momento in poi la gestione e la corsa al controllo del petrolio cambia notevolmente. L’area geopolitica interessata dei maggiori e più importanti mutamenti è il Medio Oriente. L’area più ricca di risorse. 

Ripercorriamo brevemente una parte della storia contemporanea, prima di fare un quadro di ciò che è il Medio Oriente oggi, con l'ausilio di un'infografica interattiva. 

Il Medio Oriente e il petrolio

Le più importanti scoperte di giacimenti petroliferi erano già state compiute ai primi del Novecento. Erano soprattutto compagnie britanniche e statunitensi ad avere il controllo di queste aree, così importanti sul piano geopolitico. Entrano in gioco, però, non solo i Governi, ma anche alcuni imprenditori privati, che contrattano direttamente con i più importanti paesi mediorientali. L’obbiettivo è ottenere degli esclusivi permessi di ricerca. Gli imprenditori versano un cash bonus (denaro destinato all’affitto del terreno) e iniziano così la mappatura e le trivellature. Ovviamente non tutti gli scavi diventeranno commercialmente sfruttabili. Solo quelli con una rendita di un tot utile di barili giornalieri diventeranno dei veri campi petroliferi, quelli che conosciamo oggi. 

Perché i paesi del Medio Oriente vendono i diritti di sfruttamento a queste società? Per un motivo molto banale. Sono operazioni molto costose, che non sono in grado di sostenere in quel momento storico. Per questo danno mandato ad alcune compagnie. Inizia così lo sfruttamento, sempre più intensivo, delle risorse petrolifere nei paesi del Medio Oriente. 

IRAN: Inizia a lavorare in Consorzio Internazionale. Ne fanno parte British Petroleum al 40%, Standard Oil of New Jersey, Standard Oil of California, Socony vacuum, Texaco, Gulf, Shell (anglo-tedesca), Cfp (francese). Negli anni settanta Standard Oil of New Jersey e Socony formeranno la Mobil Oil Corporation. La francese CFP è invece oggi confluita in Total. Standard Oil of California è oggi Chevron Corporation. 

ARABIA SAUDITA: Ci lavorano Standard Oil of New Jersey, California, Texaco, Standard oil of New York, Socony. 

BAHRAIN: Standard Oil of California 50%, Texaco 50% 

IRAQ: Iraq petroleum Company, IPC, poi in seguito Bp, Shell, Cfp, Standard Oil of New Jersey, Socony, Gulbenkian. Questa stessa composizione si riproponeva in Qatar. 

KUWAIT: Kuwait Oil Company: Bp, Gubelkian. 

Siamo in piena Guerra Fredda. Gli Stati Uniti comprendono che le posizioni di forza devono essere consolidate, anche per non lasciare spazio all’Unione Sovietica. Le compagnie americane, al contrario della British Petroleum che era statale, o dell’Agip italiana (poi trasformata in Eni) erano tutte di capitale privato. Gli Stati Uniti decidono di non formare una propria compagnia statale. Il controllo delle risorse deve essere mantenuto attraverso il capitale privato. Compito del Governo è quello di garantire alle compagnie un terreno comodo e politicamente sicuro sul quale agire. Instaurando cioè buoni rapporti con gli stati mediorientali. Questa collaborazione tra Stato e compagnie private viene chiamato Corporate Liberalism o corporatism, intreccio tra potere pubblico e interessi privati. Una crescita simbiotica dovuta al rapporto di necessità reciproca instauratosi tra le compagnie petrolifere e l’amministrazione pubblica. Gli stati del Medio Oriente non avevano nessun ruolo nella gestione del petrolio, avrebbero solo ricevuto tasse e profitti. 

Il tentativo di emancipazione

Per comprendere i passaggi successivi dobbiamo spiegare in modo semplice alcune voci presenti nei contratti petroliferi. 

Royalty: Canone. Pagamento dovuto allo Stato per la concessione dei diritti di sfruttamento delle risorse naturali. In un contratto petrolifero è il prelievo di natura parafiscale rapportato al volume di produzione realizzato. Può arrivare fino al 20% della produzione e può essere prelevato in natura o in contante equivalente. 

Profit Oil: Olio assegnato a titolo di profitto. Quantità di idrocarburi prodotti che viene ripartita a titolo di profitto tra l’Ente di Stato e le Compagnie petrolifere, secondo percentuali variabili.

Il Venezuela è il primo paese a rinegoziare i termini di concessione, riuscendo a ottenere il 50% del profit oil. Questo nuovo sistema verrà poi attuato anche in Medio Oriente. La prima nazione ad utilizzarlo sarà l’Arabia Saudita, oggi il più grande produttore mondiale. 

Nel 1956 gli stati mediorientali creano il Permanent Petroleum Bureau, con il compito di gestire i contratti. Alcuni paesi si muovono autonomamente, per primi Egitto e Iran, riuscendo a stipulare con alcune compagnie contratti ancor più vantaggiosi del 50-50. L’Egitto, ad esempio, firma con la International Egiptian Oil Company, ottenendo il 75% del profitto e la possibilità di partecipare alle trivellazioni, grazie alla creazione di una società mista. Inizia il tentativo di emancipazione dei paesi del Medio Oriente. Vogliono avere una maggior percentuale del profitto (partecipano tra l’altro al profitto del petrolio grezzo, non su quello lavorato, che sarebbe stato molto più alto), ma soprattutto vogliono partecipare attivamente alla ricerca del petrolio, poter far parte delle imprese. Una rischiesta che viene però negata dalle compagnie già presenti nell’area. Egitto e Iran riescono ad ottenere qualcosa dalle compagnie emergenti, in particolare quelle di paesi poveri di petrolio (come l’Italia) o da alcune compagnie americane indipendenti. 

L’Iran, nel 1952, fonda la National Iran Oil Company, compagnia nazionale. Firma con l’italiana Eni un contratto in cui il governo iraniano otterrà il 75% del profitto e il paese potrà partecipare alla ricerca. Nel 1957 si crea una società mista irano-italiana, la Sirip (formata da Eni e Nioc). Eni dava il 50% del profitto netto al governo, il restante 50% sarebbe stato diviso tra i due partner. Nasce la formula 75-25 e inizia quindi una prima fase dell’emancipazione dei paesi del Medio Oriente. 

L'Italia e il petrolio

Enrico Mattei, subito dopo la Seconda Guerra mondiale, viene incaricato da De Gasperi di sciogliere l’Agip. Mattei studia i documenti prodotti dai geologi Agip e decide di creare un ente ancora migliore, consapevole del fatto che il settore metanifero avrebbe avuto un’importanza fondamentale per il futuro economico dell’Italia. Si crea l’ente statale dell’Eni, da lui stesso presieduto dal 1954 al 1956. Mattei crede che lo sviluppo italiano sia stato frenato dalle compagnie americane. Il petrolio è controllato da pochi colossi che lo vendono a prezzi troppo alti. Si propone per questo in Medio Oriente, cercando di crearsi un proprio mercato. L'Italia (tramite Mattei) si presenta ai paesi mediorientali come una nazione emergente, che vuole anch’essa liberarsi dal monopolio anglo-americano, porgendo il fianco ai governi locali, per condurre insieme un percorso di emancipazione dalle compagnie americane e inglesi. Eni è la prima società a sottoscrivere con i paesi mediorientali la formula 75-25, il 2 agosto 1957 in Iran.

Enrico Mattei in visita a Teheran. Iran, 1958.

L'OPEC

L’Organisation of Petroleum Exporting Countries viene fondata nel 1960 alla conferenza di Baghdad. Ne fanno parte Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita, Venezuela, a cui si aggiunsero successivamente Qatar, Indonesia, Libia, Emirati Arabi, Algeria, Nigeria, Ecuador, Gabon, Angola. 

La guerra dei 6 giorni porta alla chiusura del canale di Suez e all’interruzione della fornitura di petrolio ai paesi occidentali. L’OPEC ha ormai raggiunto una forza tale da poter utilizzare il petrolio come arma politica. Il canale di Suez è, del resto, importantissimo per il trasporto del petrolio. Poteva infatti avvenire grazie agli oleodotti, che lo convogliavano verso il Mediterraneo o il Mar Rosso. Oppure attraverso il Golfo Persico, passando per il Mar Rosso e il canale di Suez. L'ultima opzione era quella di un giro molto lungo, passando per Capo di Buona Speranza. Un percorso, però, molto più costoso. 

I paesi dell’OPEC continueranno il processo di emancipazione. Rivendicando il diritto alla partecipazione, la possibilità di essere partecipi al capitale azionario delle concessionarie internazionali. A questa richiesta si aggiungeva la volontà di aumentare la quota delle royalties, oltre che il prezzo del petrolio. 

La crisi dello Yom Kippur

La crisi dello Yom Kippur segna anche l'inizio di un nuovo blocco del petrolio ed embargo agli Stati Uniti. L’Italia si trova in una posizione defilata, sperando di poter sfruttare i buoni rapporti che ha con gli stati mediorientali. La crisi è sintomatica di come i rapporti di forza si siano ribaltati. I paesi dell’OPEC possono gestire la situazione. Da questo momento comincia il processo di recupero delle quote, anche a seguito di veri e propri espropri delle proprietà alle compagnie anglo-americane. Nel 1973 il mercato è ormai controllato dall’OPEC. Il prezzo del petrolio lievita e decuplica nel giro di dieci anni. Sono quelli di maggior potere dell’organizzazione, capace addirittura di imporre i prezzi del petrolio. 

La ricerca di alternative

A fronte dell’aumentare dei costi i paesi occidentali cercani di utilizzare meno petrolio possibile, investendo sulle energie rinnovabili. La ricerca di risorse e di petrolio si estende anche in altre parti del mondo. Vengono sviluppate le fonti del mare del nord e quelle sudamericane, difficili però da sfruttare, a causa del lievitare dei costi. Così facendo gli acquisti di petrolio calano e, di conseguenza, ne cala il prezzo. 

Il secondo shock petrolifero è da datarsi tra il 1979 e il 1980, a causa di alcuni avvenimenti:

- Rivoluzione iraniana e caduta dello shah (gennaio-marzo 1989) 
- Occupazione dell’ambasciata americana in Iran da parte dei rivoluzionari (novembre 1979)
- Invasione sovietica dell’Afghanistan (dicembre 1979) 
- Scoppio della guerra tra Iran e Iraq (settembre 1980) 

La fine del dominio OPEC

A metà degli anni ’80 si conclude il domino dell’OPEC. Alcuni produttori decidono che il prezzo non debba più essere scelto dall’organizzazione ma dall’oscillazione tra domanda e offerta. Acquista sempre più importanza il mercato spot, che diventa il mercato di riferimento per la determinazione del prezzo. 

Iniziano le ricerche nel mare del nord, in alcuni paesi dell’America Latina, in Alaska, Siberia e altri luoghi. Un ruolo molto importante lo assume il petrolio Brent, quello trovato nel mare del nord. Col tempo avrà un valore assoluto, diventerà il petrolio di riferimento per la definizione dei prezzi. Viene quotato in borsa dal 1988. Il Brent era un greggio molto pregiato e leggero. La leggerezza è valutata in base alla scala API (American Petroleum Institute). Il petrolio pesante sta tra i gradi 1 e 25, quello leggero dai 25 ai 40. Il petrolio Brent è a 37. 

Il Medio Oriente e il petrolio oggi

Più della metà delle riserve mondiali di idrocarburi accertate è concentrata nel Golfo Persico, che produce un terzo della produzione complessiva di petrolio e due terzi delle esportazioni mondiali. Facile comprendere come quest’area rimanga fondamentale per i bisogni energetici globali. Una ragione in più per farne una zona interessantissima sullo scacchiere geopolitico. L’Era del petrolio non è ancora finita, l’Era del Medio Oriente sta entrando sempre più nel vivo. Chiusa la fase eurocentrica della storia, così come la parentesi della Guerra Fredda, oggi è qui che si stanno svolgendo gli avvenimenti chiave della Storia moderna. Tra guerre, terrorismo e risorse energetiche.

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