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» » » » » Istruzioni sullo scandalo Mps

Filippo Mastroianni sabato 26 gennaio 2013 0


Il caso della banca Monte dei Paschi di Siena è sulle prime pagine di tutti i quotidiani. I rapporti tra istituto di credito e politica sono strettamente intrecciati


La sede della Monte dei Paschi a Siena.

In questi giorni sta infuriando un nuovo caso, quello della Banca Monte dei Paschi di Siena. Cerchiamo di fare chiarezza su questa vicenda, che è e sarà argomento forte di tutta la campagna elettorale nonchè principale notizia che i media riporteranno nei giorni a venire.

Partiamo da un po’ d’informazioni di base. Chi controlla la Mps? La banca senese ha un sistema di controllo gestito da una fondazione, proprietaria del 37,56% del capitale azionario, la Fondazione Mps appunto. Il resto delle azioni è diviso in piccole percentuali da altri azionisti, come possiamo apprendere dai dati riportati sotto, tratti da Wikipedia, che ci danno un quadro generale di come è divisa Mps.

Veniamo ora alla fondazione. La Fondazione Mps è retta da un’assemblea, nominata da Comune e Provincia di Siena, Regione Toscana, Università e Curia Arcivescovile. Dal 2001 a capo della fondazione siede Giuseppe Mussari, che dal 2006 guiderà la stessa banca e negli anni successivi l’Associazione bancaria italiana. Mussari sarà anche colui che porterà Mps all’acquisizione della banca Antonveneta per la cifra spropositata di 9 miliardi. Una cifra che ha subito fatto alzare le antenne alla Guardia di Finanza che sta ancora indagando, così come la Banca D’Italia. Il 27 aprile 2012 Mussari cede il testimone ad Alessandro Profumo e la fondazione scende progressivamente nelle percentuali di azionariato dal 49% all’attuale 37,56% come già riportato in precedenza. Le conseguenze della cattiva gestione degli ultimi anni iniziano a manifestarsi sulla cittadinanza, con il taglio di 15mila euro per ogni contrada e la riduzione dei finanziamenti alle squadre di basket e calcio senesi.

Oggi al centro delle polemiche e dei guai che coinvolgono l’istituto creditizio di palazzo Salimbeni c’è il dossier Alexandria, un derivato realizzato con Nomura, banca giapponese, per sistemare un altro derivato, stavolta della banca inglese Dresdner. Vediamo di capire meglio. Nel Dicembre 2005 Gianluca Baldassarri, allora a capo dell’area finanza Mps, acquista dalla banca inglese 400 milioni di obbligazioni emesse dall’Alexandria Capital, con scadenza dicembre 2012. La Dresdner, all’interno di questo involucro che appare solido, infila dei prodotti meno sicuri, che verranno travolti dalla crisi. La Mps perde 220 milioni, buona parte dell’investimento, ma queste perdite non appaiono a bilancio. Cos’è successo? Mps riesce a liberarsi dei bond Alexandria vendendoli alla Nomura che in cambio obbliga i senesi a comprare 3 miliardi di btp italiani a scadenza trentennale in loro possesso. Questo accordo privato e segreto viene rinvenuto proprio dalla Guardia di Finanza, che indagava sull’acquisizione dell’Antonveneta. Sia la società di revisione che Profumo si dichiarano completamente all'oscuro dell’accordo, che dovrebbe quindi essere imputato a Mussari. Praticamente dopo l’accordo con Nomura la perdita causata dalle obbligazioni di Alexandria, che sarebbe stata secca, assume l'aspetto più rassicurante e che da meno dell’occhio di btp trentennali. Con l’aggravante che in piena crisi del debito italiano Mps potrebbe finire col ritrovarsi titoli del debito italiano in difficoltà, mentre prodotti come Alexandria sono in rialzo. 

L’assemblea degli azionisti ora deve quindi sottoscrivere un aumento di capitale di oltre 4,5 miliardi al servizio dell’aiuto dello Stato Italiano. La situazione della fondazione è tra l’altro molto più complicata dello scandalo dei derivati. Numeri alla mano la Mps dal 2011 al 2012 ha accumulato perdite per oltre 6,2 miliardi, possiede 26 miliardi di titoli di stato, derivati per 11 miliardi e ben 17 miliardi di credito a rischio, con l’attività di prestito che è quindi in una fase di profonda sofferenza.  Lo Stato interverrà concedendo l'emissione di 3,9 miliardi di Monti-bond, ad interessi salatissimi, che dovranno essere saldati tramite l'utile di esercizio o con la cessione di azioni della banca al valore di mercato rilevato negli ultimi dieci giorni di contrattazione.

Di chi sono le colpe? Del Governo, che non ha arginato una crisi che ha fatto scoppiare il problema dei derivati. Della Consob che dovrebbe sorvegliare sui mercati, così come della Banca d’Italia, che dovrebbe essere il vigile che controlla l’operato delle banche. Del sistema bancario che nega prestiti alle imprese e alle famiglie ed investe in titoli di stato. Dei politici senesi che non hanno tutelato i cittadini da questo scandalo e che attraverso gli enti locali, come detto, nominava i vertici della fondazione. Ed è qui che entrano in gioco le accuse al Pd, considerato il fatto che la zona geografica senese è in maggioranza di orientamento tendente a sinistra. Quante siano le reali colpe del partito, sinceramente, in questo momento non è possibile giudicarlo, per mancanza di elementi. Di certo la politica aveva influenza sulla Mps e sulle nomine, come abbiamo detto, del Consiglio, di cui 13 su 16 consiglieri erano scelti da Comune e Provincia di Siena, da sempre governati dalla sinistra. Quel che è certo è che il nuovo Governo dovrà occuparsi anche di riformare il sistema bancario e gli organi che dovrebbero avere un compito di controllo.


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