"Il mondo è nella totalità dei fatti, non delle cose."
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Chi Sono Un qualunque, ingovernabile, battitore da tastiera. Un occhio osserva la politica e il mondo, l'altro è affetto da un'aggravante cinemania...Leggi tutto...
Perchè Uskebasi Narra una leggenda che, durante il suo regno, Re Salomone, il piu' grande tra tutti i re d'Israele, benedetto da Dio con la saggezza...Leggi tutto...
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Cimentarsi con il cinema non è cosa facile per uno come me.Ho sempre amato i film, almeno
quanto amo la lettura. Sono entrambi modi semplici ma efficaci di evadere dalla
realtà quotidiana, un piacevole passatempo dei miei anni da ragazzo come tanti
altri. Recensire un film, darne un’opinione però non è per nulla un esercizio
agevole. Soprattutto, come detto, per uno come me. Uno senza alcuna conoscenza specifica
nel settore, senza studi particolari sul cinema, senza un vocabolario di
termini tecnici che sarebbero apprezzati notevolmente di più. Un certo
interesse, come quello di tanti altri coetanei, questo si. Ho amato Il Padrino, sono stato rapito dagli
spaghetti western di leoniana fattura, ho sofferto con Jack Nicholson nella sua
interpretazione di McMurphy in Qualcuno
volò sul nido del cuculo. Giusto per citare i film che ho preferito più di
tutti. Uskebasi è soltanto un ricco e
variegato insieme di opinioni appartenenti ad uno qualunque. Questa è soltanto
la recensione di uno qualunque, non di un critico cinematografico. Uno per
cui, però, provare qualcosa di nuovo, cimentarsi in un compito che non sembra
nelle sue corde, è sempre stata una sfida affascinante. Del resto s’impara
anche così.
Con questo
spirito mi accingo a descrivere, esprimendo la mia umile opinione, un film che
forse è anche piuttosto complicato da recensire. L’ennesima pellicola cui mi
sono avvicinato per pura curiosità, già sapendo di andare incontro a qualcosa
di particolare e inusuale, qualcosa che si discostava da ciò che ero abituato a
vedere. Il film in questione si intitola
π. Esatto, letto “Pi Greco”, ribattezzato nel titolo italiano Il teorema del delirio.
Π è un film del 1998 di Darren Aronofsky, opera prima del regista che in
seguito creerà grandi film come Requiem
for a dream, The Wrestler o il
più recente Il cigno nero. Vincitore
alla regia nel Sundance Film Festival e poi premiato in numerosi altri
concorsi, nasce come pellicola indipendente a basso costo, realizzata tramite l’utilizzo
di camere a spalla. Una delle caratteristiche principali dell’opera è la sua produzione
in 16mm, oltre ai suoi colori. Il film, infatti, è interamente in bianco e
nero, con un contrasto molto spinto e una fotografia sgranata.
Maximilian
Cohen è un matematico brillante, pubblicato a 16 anni, laureato a 20. Vive a
New York nel quartiere di Chinatown, rinchiuso in un appartamento affittato che
ha trasformato in laboratorio. Disordinato, caotico, invaso da cavi e chip che
formano il suo personale computer, quello con cui svolge le ricerche di tutta
una vita. Max è un solitario, una
persona schiva, disadattatosi in fretta alla società che lo circonda, alle mere
esistenze di quell’agglomerato d’umanità che corre attraverso il labirinto
chiamato “Grande Mela”. Afflitto da attacchi spaventosi di emicrania,
che saranno portanti durante lo svolgimento della vicenda, perché, come
racconta lui stesso “nota personale: quando ero piccolo mia madre mi diceva che non
bisogna mai guardare fisso il sole, ma una volta, a sei anni, l'ho fatto. I
dottori non sapevano se i miei occhi sarebbero guariti, io ero terrorizzato,
ero solo in mezzo a tutto quel buio. A poco a poco la luce cominciò a farsi
strada fra le bende e io riacquistai la vista, ma qualcosa era cambiato dentro
di me, e cominciarono le emicranie”.La sua vita sta tutta
nella matematica, nei numeri. E non solo la sua. Max è convinto che ogni cosa
esistente, la Natura, la Vita, gli indici di borsa, siano riconducibili e
spiegabili attraverso schemi, numeri. Da questa considerazione forgia le sue
massime sull’esistenza: - La matematica è il linguaggio della natura - Ottenendo numeri semplici, scomponendo ogni sistema, si possono
ottenere dei modelli - Ovunque in natura esistono questi modelli
I modelli sono
schemi, creazioni riconducibili a numeri o a serie di questi. Il pi greco, la
sezione aurea, Max intravede modelli matematici tutt’attorno a lui. Come dice
il protagonista "Con la sezione aurea è possibile costruire una spirale che è
la forma più antica, ravvisabile in geometrie seminascoste, alle galassie, alle
conchiglie, alla forma del corpo umano". Sulla
base dei suoi principi Max è alla ricerca di un codice che lo aiuti a prevedere
le quotazioni di borsa. Questa sua ricerca però lo porterà ad essere preda appetita da alcuni emissari di un azienda di Wall Street, oltre che da un gruppo di ebrei ortodossi,
studiosi della Torah e dei numeri, alla ricerca di un fantomatico numero di 216
cifre all’interno del loro libro sacro.
Evitiamo subito malintesi. Π Non è un film sulla
matematica. Aronofsky non usa un film per parlare di matematica. Usa la
matematica per fare un film. Se siete appassionati di numeri e cercate teorie
perfette o formule geniali non le troverete. Anzi forse, guardando attentamente
il film, noterete anche un banale errore negli appunti del protagonista, che
confonde la proporzione corretta A:B = (A+B):A con l’errata formulazione A:B =
A:(A+B) (come mostrato nell’immagine a lato). Detto questo, che era giusto
sottolineare ai fanatici della matematica che potrebbero approcciarsi alla
visione, la pellicola possiede molti elementi per poter essere considerata di
ottimo livello, e alcune caratteristiche che ne fanno un vero cult.
Dal punto di vista stilistico, come già detto domina il forte
contrasto di bianco e nero, una scelta precisa, ricercata. Il montaggio è ipercinetico,
con scene rapide e veloci, stranianti, stordenti, che fanno da sfondo alla voce
fuori campo, quella del protagonista in prima persona. Una caratteristica che
sarà propria di tutto il film. Il ritmo è mozzafiato, la colonna sonora
elettrizzante ed angosciante, perfettamente adatta agli scopi che si prefigge e alle
sensazioni che vuole suscitare in chi prende visione della pellicola. Esempio
perfetto sono gli attacchi di emicrania di cui soffre il protagonista,
rappresentati magistralmente da una serie di effetti sonori dalle tonalità
fastidiose, come fischi, strepitii, stridii, che penetrano nella testa non solo
di Max ma anche, in parte, dello stesso spettatore. Queste sonorità ele improvvise accelerazioni di ritmo contribuiscono a esprimere al
meglio le sensazioni provate dal matematico, creando un’atmosfera claustrofobica,
spasmodica, paranoica, surreale. E surreali sono le visioni che colpiscono
Max, tra numeri, strane figure di uomini sanguinanti, brandelli di cervello,
che riconducono agli stili di registi come Cronenberg e Lynch, dalle forti
componenti surrealiste e oniriche. Splendida la metafora creata con la tavola del goban (nell’immagine sotto),
una sorta di scacchiera giapponese, con cui il maestro e mentore del protagonista
prova a convincerlo dell’infondatezza delle sue teorie sulla prevedibilità
degli avvenimenti e della natura tramite formule matematiche. Si riteneva,
infatti, che in un simile gioco non fossero mai possibili due partite
identiche. La tavola vuota indica quindi l’equilibrio ma, con l’andare avanti
della partita e il posizionamento delle tessere, è sempre più simile al nostro
mondo, con tutti i suoi fattori imprevedibili e incalcolabili, caotici.
Il filo del
racconto sembra essere tessuto in modo solido, concendendo al film tutti gli elementi portanti del
thriller, nonostante la trama ruoti, per un ora e venti, totalmente su un’unica
idea. Un finale geniale e solo parzialmente aperto all’interpretazione, dona
alla ricerca di quel numero di 216 cifre una nuova dimensione. Sovrumana,
simbolo dell’ossessione antropica di una continua rincorsa alla conoscenza. Alcune
risposte, però, sono probabilmente inesistenti o non adatte per essere comprese
appieno dalla razionalità umana, che può soltanto finire sconvolta, fino alla
follia. Il tema filosofico e metafisico affrontato poteva tuttavia, con una cura
maggiore, portare a riflessioni più profonde e articolate, che avrebbero reso
questa pellicola, dall’idea di base molto intrigante, un vero capolavoro. Un
film certamente particolare, in special modo dal punto di vista stilistico, e che
si potrebbe definire sensoriale, perché è questo continuo pungolare i sensi
dello spettatore la sua vera forza, ciò che tiene alta la tensione di una trama non perfettamente
elaborata e riuscita. Nonostante qualche
pecca a livello di plot insomma, π è
un film DA VEDERE, non soltanto perché prima creazione di un regista come Aronofsky.
Un qualunque, ingovernabile, battitore da tastiera. Un occhio osserva la politica e il mondo, l'altro è affetto da un'aggravante cinemania, con sbalzi cinogiappocoreani, giusto per sentirsi alternativo. Anni passati ad immedesimarsi e firmarsi Arturo Bandini, personaggio straordinario nato dalla penna di John Fante. Conclusa la fase della doppia personalità, ricongiunto con me stesso, continuo a scrivere.
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