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» ANNA KARENINA di Joe Wright con Keira Knightley | Recensione
Filippo Mastroianni
venerdì 8 febbraio 2013
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Immergersi nella visione di Anna Karenina è un pò come sedersi sulla poltrona di un teatro. Joe Wright, già abituato a trasposizioni su grande schermo di capolavori letterari (come i precendenti lavori su Orgoglio e pregiudizio e Espiazione), si approccia infatti alla storia in modo ardito e per nulla scontato. Siamo al cinema ma ci ritroviamo all'interno di un teatro.
La narrazione è abbastanza fedele a quella del romanzo di Tolstoj sebbene la trasposizione, come diremo dopo, si concentri troppo su alcuni aspetti marginali e sull'estetica della realizzazione. Riassumendo in breve una trama tanto nota agli amanti della letteratura, Anna Karenina è una donna appartenente all'aristocrazia russa, sposata con un alto funzionario dello Zar, madre di un figlio. Durante un viaggio in treno verso Mosca conosce l'affascinante Vronsky, di cui si innamorerà perdutamente, fino a rischiare tutto per vivere l'amore con lui. Una lotta contro una società, quella zarista dell'800, ipocrita e invidiosa, tanto falsa quanto ambiziosa. La passione e il dramma di una donna follemente innamorata. Sullo sfondo si intrecciano l'amore tormentato e adultero tra Stiva, fratello di Anna, e Dolly, oltre a quello tra Kitty e Kostantin, due personaggi che nel film sono meglio riusciti e più caratterizzati dei protagonisti.
Il sipario si apre e tutta la vicenda si svolge tra palcoscenico e platea, dietro le quinte, sulle impalcature, tutto all'interno dell'edificio addetto alla recitazione (anche se non mancano scene in spazi aperti). Repentini ma delicati cambi di fondale portano rapidamente alla scena successiva, elissi temporali vengono simulate attraverso la sola apertura e chiusura di una porta, cambi d'abito e musiche perfettamente integrate con le azioni dei personaggi ci presentano un'opera esteticamente incantevole. Come quando il rumore del ventaglio di Anna si mescola con gli zoccoli dei cavalli in arrivo, un passaggio veramente sublime. Coreografie e scenografie meravigliose, così come i costumi. Una colonna sonora armoniosa, realizzata da Dario Marianelli, che assorbe in una sorta di invisibile danza tutti gli eventi narrati. Una fusione tra cinema e teatro che non è però un semplice filmare un'opera teatrale, ma qualcosa di surreale, che sebbene ci mostri chiaramente l'artificialità dei luoghi in cui l'azione si svolge, riesce a presentarci e a farci entrare nella realtà delle vite dei personaggi in modo superbo. Una particolarità registica che è l'aspetto più interessante del film ma, allo stesso tempo, il punto focale che potrebbe far piacere o meno allo spettatore la messa in atto tanto innovativa di un dramma diventato un classico.
La messa in scena infatti, sebbene esteticamente incantevole e originale, un vero spettacolo per gli occhi e le orecchie degli spettatori, risulta forse un pò fredda. Il concentrarsi sull'aspetto estetico, nonostante faccia trasparire le tematiche principali care a Tolstoj, trascura un'introspezione davvero profonda dei personaggi, in particolare di Anna. Su pellicola mancano le delicatezze di un amore di cui le pagine dello scrittore russo sono intrise. Il dramma di Anna, seppur seguito abbastanza fedelmente nei suoi passaggi, non riesce ad essere analizzato veramente a fondo. Sebbene il film sia toccante non riesce ad incarnare davvero la tragedia, il dramma, il dolore che ferisce gli animi nell'opera letteraria. Da questo punto di vista si poteva fare sicuramente di più.
I personaggi non sono così caratterizzati e sfaccettati come la trasposizione richiederebbe. Sono in qualche modo monodimensionali, trascurati. Le interpretazioni degli attori poi, forse per scelta del regista di una recitazione più teatrale, accrescono questa sorta di barriera tra spettatore e personaggi. Keira Knightley, bellissima fasciata da abiti tanto eleganti e col viso coperto dal velo, ci mette tutta se stessa. Il risultato non è da buttare, tutt'altro, ma, forse, un'attrice più navigata e adatta a ruoli drammatici avrebbe prodotto un risultato migliore. C'è da dire a sua difesa, come già precedentemente scritto, che probabilmente il taglio di recitazione così teatrale e freddo sia voluto dallo stesso regista. Anche Aaron Johnson (nella parte del conte Vronsky) non convince pienamente. Meglio di lui un serio e composto Jude Law, che seppur non memorabile, interpreta Karenin nel modo giusto. Sono forse, come detto, i personaggi di Kitty e Kostantin, secondari, quelli che incarnano al meglio i rispettivi omologhi nel romanzo di Toltoj.
Il film risulta comunque toccante e riuscito, per la tragicità della vicenda, narrata e incorniciata da sfondi incantevoli. Nonostante l'introspezione dei personaggi non sia curata al meglio, l'animo dello spettatore viene comunque toccato nel prfondo. Impossibile del resto restare impassibili davanti ad una storia così drammatica e ad una donna tanto determinata quanto fragile come Anna Karenina. Una storia di romantica decandenza di un personaggio indimenticabile, creato dalla penna di Lev Tolstoj. Come detto sono, però, scenografia e regia a rendere questo film apprezzabile, molto più della vicenda in sè, narrata in modo ineguagliabile nel romanzo.
Un film che sarà nelle sale italiane il prossimo 21 febbraio e la cui visione è consigliata, nonostante a qualcuno possa apparire un pò indigesto. Dal punto di vista registico è qualcosa davvero di particolare, che probabilmente porterà anche qualche Oscar (scenografia, fotografia, costumi e colonna sonora sono in nomination). Quando poi sono storie così celebri ad essere trasposte sul grande schermo vale sempre la pena di andarne ad ammirare e valutare il risultato con i propri occhi. Più adatto al pubblico femminile (possibilmente non afflitto da problemi di cuore) ma aperto assolutamente a tutti.
About Filippo Mastroianni
Un qualunque, ingovernabile, battitore da tastiera. Un occhio osserva la politica e il mondo, l'altro è affetto da un'aggravante cinemania, con sbalzi cinogiappocoreani, giusto per sentirsi alternativo. Anni passati ad immedesimarsi e firmarsi Arturo Bandini, personaggio straordinario nato dalla penna di John Fante. Conclusa la fase della doppia personalità, ricongiunto con me stesso, continuo a scrivere.
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